" - Possiamo parlarne?- le chiese la bimba nel cuore della notte.
Lucilla si svegliò e la vide: risplendeva nella stanza buia.
- Parlarne?- rispose trafelata, senza realizzare del tutto che uno spettro fatto di freddo e di rabbia le stesse gentilmente rivolgendo la parola.
- Ti ricordi di me?- Domandò ancora la Larius. - Anni fa ti chiesi di liberarmi. Ti chiesi di uccidermi. Ora non voglio più morire.-
- Tu sei già morta…- riuscì a dire la Viator."
Lucilla si risveglia dopo la battaglia, incredula, incapace di accettare l'idea che il mondo oltre i confini sia stato dissolto.
Ma le basterà trovare il coraggio di affrontare la situazione, per accorgersi che le due facce della realtà, simbionti e inscindibili, sono soltanto cambiate.
Subito
dopo la prima lotta tra Alchimista ed Eremita, Malvina era fuggita
via senza meta, in preda alla paura. Le bestie correvano per
raggiungere qualcosa oltre il bosco, ma che cosa? Per quale ragione
lasciare la Realtà Complessa era così urgente?
Lei non riusciva a
pensare, tutto era accaduto troppo in fretta: se scappare voleva dire
liberarsi dal dominio dell’Eremita, in fondo era meglio correre e
basta. In quello spostamento di massa, si era all’improvviso
sentita attratta dalla giumenta baia a cui lo Spirito Antico l’aveva
legata. Tra una scarica di adrenalina e l’altra, aveva visto un
timido bagliore di speranza: le bastava ricordare quell’animale
perché qualcosa le si sciogliesse nel petto. Così aveva allungato
le sue falcate, cercando di respirare ancora più a fondo per reggere
lo sforzo. La vista le si stava annebbiando, il corpo le doleva, ma
doveva assolutamente raggiungerla.
La ritrovò ben oltre
il bosco, mentre scalpitava sollevando con gli zoccoli il terreno
paludoso che contraddistingueva le pianure nebbiose. Era sola e si
guardava attorno scattando nervosamente in ogni direzione.
Malvina si avvicinò
piano, convinta che di lei non avrebbe avuto timore: solo poche ore
prima erano state una cosa sola.
A differenza della
donna, però, la cavalla era stata posseduta dalla Realtà Complessa
così a lungo da aver perso quasi completamente la propria forza di
volontà: era fuggita seguendo gli altri animali, ma poi, quando
questi si erano dispersi nella terra delle Rocce Antiche, lei era
rimasta piantata in mezzo alla pianura, senza sapere dove andare o
cosa fare. Ora se ne stava lì, con gli occhi sbarrati, a fissare la
ragazza che le andava incontro come se non ci fosse altro da fare che
lasciarsi prendere.
Malvina non comprese
nulla di tutto ciò ma colse l’occasione: portò i palmi delle sue
mani sul petto della bestia, lasciando che lei poggiasse l’ampia
fronte alla sua capigliatura. Ancora una volta, Malvina si lasciò
travolgere dalle sensazioni dell’ibridazione imminente: i corpi che
premevano e pulsavano l’uno contro l’altro, il calore in centro
al petto, il battito di due cuori diversi che palpitavano all’unisono
per poi congiungersi in uno solo. Malvina tornò a essere una
splendida centaura, ma fu molto diverso dalla volta precedente:
questa volta non fu solo la piacevole sensazione fisica dovuta
all’ibridazione, e la nuova forza che sentiva invadere il suo corpo
non era tutto. Malvina si sentiva libera, completamente libera. Era
certa che, se anche l’Eremita le avesse impartito un ordine, non
avrebbe più potuto imporle nulla.
Senza più preoccuparsi
degli eventi che scuotevano la realtà oltre i confini, Malvina aveva
iniziato a vagabondare per la terra delle Rocce Antiche, senza mai
separarsi dalla sua bestia, e arrivando spesso a trasformarsi
completamente in essa.
La sua esistenza
avrebbe potuto essere molto simile a quella di una Viator Lucis, ma
Moira non poteva scordare che Malvina era una semplice umana: non
poteva cavarsela così, godendosi la vita eterna senza nemmeno aver
fatto pace con la sua precedente esistenza.
Era ormai passato quasi
un anno dalla morte del suo corpo, quando Malvina si trovò a
galoppare in forma ibrida un po’ troppo vicina a un branco di lupi.
Appena oltre le pianure nebbiose, vicino al grande fiume, la
famigliola di predatori sonnecchiava tra i cespugli. Se l’istinto
della giumenta suggeriva di allontanarsi, la mente della ragazza
veniva riportata indietro a dolorosi ricordi: aveva assecondato
Erminio in quella sfida contro Roberto e Francesca, e aveva
minacciato quella donna dai capelli corvini costringendola alla resa.
Il ricordo le provocò una stretta alla gola: probabilmente quei due
Viator avevano fatto una brutta fine, ed era stata colpa della sua
ingenuità.
Malvina si allontanò a
passi lenti, cercando di non fare rumore. Si addentrò nella macchia;
qualcosa le diceva di fermarsi tra gli alberi e stare ancora per un
po’ a osservare quella scena, quella famiglia felice. Se ne rendeva
conto per la prima volta, ma la compagnia della sua giumenta non le
bastava per essere completamente realizzata.
Mentre ci rimuginava
quasi commossa, ripromettendosi di darsi all’incessante ricerca di
altri spiriti umani, un uomo dai capelli lunghi e neri comparve dal
nulla in mezzo al branco di lupi.
Il cuore di Malvina
iniziò a battere forte: forse quelle bestie gli avrebbero fatto del
male, e lei non avrebbe certo potuto difenderlo. Invece i lupi si
svegliarono, si alzarono di scatto e iniziarono a fargli le feste
come un gruppo di innocui cagnolini.
Malvina notò che
quell’uomo era vestito da una pelle di lupo e realizzò che doveva
esser legato a uno di loro come lei lo era alla sua giumenta, ma solo
quando Roberto iniziò a correre verso il bosco, seguito dal branco,
la ragazza lo riconobbe. Il senso di colpa la travolse all’improvviso
e non riuscì a fare a meno di scappare via come se un mostro la
stesse inseguendo.
Il giorno successivo,
così come molti dei seguenti, Malvina era tornata a spiare di
nascosto il branco. Era solo per controllare che quell’uomo stesse
bene, si diceva. Ma appena Roberto si lasciava andare al sonno e
spariva nel nulla, la ragazza si allontanava felice, sorridendo al
ricordo di lui che s’ibridava con la sua bestia, che correva fino a
trasformarsi, che spariva con il resto del branco al suo seguito. Con
il passare dei giorni, dapprima provando un certo imbarazzo, iniziò
a fantasticare sul fatto che probabilmente quell’uomo passava tutte
le notti oltre i confini perché la sua compagna doveva essere morta.
Avrebbe voluto dispiacersi per lei, ma non ci riusciva. Quel che
invece le veniva bene, era immaginare di avvicinarsi a lui e di
consolarlo per la sua perdita, facendogli capire che anche lei era
sola, e sapeva bene cosa volesse dire poter trovare conforto solo
nell’ibridazione con la propria bestia.
Il tempo passava e
Malvina si avvicinava ogni giorno di più, facendosi coraggio e
ripetendosi che quei lupi non le avrebbero fatto niente se Roberto
l’avesse vista. Era passato così tanto tempo che lui certamente
aveva elaborato il lutto per la sua compagna, ed era sicuramente
pronto a scoprire che quella perdita non era imputabile a lei:
l’Eremita l’aveva posseduta e costretta, Roberto doveva capirlo.
Quel che veramente la tratteneva era rendersi conto che quel Viator
era ancora vivo: spariva e compariva a suo piacimento, con molta
regolarità. Questo creava un abisso tra le loro esistenze, e Malvina
non aveva idea di come colmarlo.
Un giorno, si ibridò
con la sua giumenta e decise di avvicinarsi al limite della portata
visiva dell’uomo. Non avrebbe fatto nulla per farsi vedere, ma
l’avrebbe reso possibile.
Il branco di lupi non
era sdraiato accanto al fiume, ma stava arrivando, di corsa, da
lontano. Quella mancanza improvvisa di routine fece traballare la
sicurezza della ragazza che, quasi senza accorgersene, indietreggiò
di qualche passo. Non poteva avere idea della delusione che Moira
aveva intenzione di infliggerle, ma aveva un brutto presentimento.
I lupi bevvero dal
fiume, poi si sdraiarono sulle sue sponde. Malvina aspettava
trepidante che uno di loro riprendesse lentamente le sembianze di
Roberto; amava vederlo in forma ibrida: il suo corpo, normalmente
molto minuto, assumeva un tono decisamente più possente e scultoreo.
Malvina trattenne il respiro quando si accorse che, non solo uno, ma
ben due dei lupi stavano divenendo ibridi. Le bastarono pochi secondi
per capire che uno dei due aveva fattezze femminili; il tempo di
qualche minuto e la ragazza non poté più negarlo: Francesca era
ancora viva o, almeno, esisteva in qualche modo.
Il corpo di Malvina
iniziò a tremare sconvolto, mosso da singhiozzi frenetici e conati
di vomito. Nella sua testa, un solo pensiero rompeva il ronzio
assordante dello stupore, ma lei lo ricaccio indietro, non voleva
sentirlo, non voleva pensare. Iniziò a correre verso le pianure
nebbiose, nell’attesa snervante che la bestia prendesse il
sopravvento. Questo, però, non accadde.
Non poteva accadere,
non era possibile.
Era necessario non
pensare a nulla perché la trasformazione avvenisse, ma Malvina non
riusciva a scacciare via un’inquietante domanda: “Ma come si era
permessa, quella donna, di continuare a esistere?”.
Nei giorni successivi,
Malvina si era sforzata di riprendere l’esistenza libera e senza
pensieri che aveva conosciuto prima di scoprire la presenza di
Roberto. Tuttavia, a cadenze irregolari e sempre più ravvicinate,
mille domande si facevano strada fra i suoi pensieri. Ma era proprio
una cosa seria tra Roberto e Francesca? Ma lei era ancora viva? O era
una Viator Lucis? E perché non era mai andata a trovare il suo
compagno prima di quel giorno? Forse non era una cosa seria, forse
non stavano nemmeno assieme. Non ci volle molto prima che Malvina
ricominciasse a spiare il branco di lupi, dipingendosi in testa
situazioni di ogni genere, in cui l’elemento portante era sempre il
medesimo: sì, Francesca esisteva, e allora? Roberto avrebbe comunque
potuto scegliere lei, quindi doveva trovare il coraggio di farsi
avanti.
Purtroppo, però, la
sua rivale si univa al branco di lupi sempre più spesso. Malvina era
convinta che l’avesse scoperta e che si sentisse minacciata, al
punto da voler controllare più da vicino il suo uomo.
Continuando a spiare
l'ignara coppia in quel modo, giunse il giorno in cui Malvina vide
qualcosa di troppo: Francesca e Roberto lasciarono che i loro corpi
tornassero umani, ma poi non si abbandonarono al sonno per sparire
nel nulla. I due Viator si accomiatarono dal branco facendo molte
cerimonie, come se avessero l’intenzione di non tornare per un
lungo periodo. Stavano per entrare a far parte dell’esercito della
Tempesta e prepararsi alla battaglia contro l’Alchimista, ma questo
Malvina non poteva saperlo. Quel che turbò la ragazza fu vedere il
modo in cui si tenevano la mano in attesa di quel momento importante;
fu il sorriso inequivocabilmente felice di Roberto, nel seguire la
sua donna che si dirigeva al fiume.
Quel sorriso s’impresse
nella memoria di Malvina come una fotografia: perché sorrideva in
quel modo? Lei lo aveva sempre immaginato triste, solo, nostalgico.
In quel momento, avrebbe dato qualsiasi cosa per poter anche solo
immaginare che quel sorriso fosse stato per lei. Ma non c’era alcun
modo: non le era rimasto proprio nulla che potesse servirle a negare
l’evidenza. La centaura scappò nuovamente nel fitto della macchia
boscosa. Questa volta non cercò nemmeno di scacciare l’invidia che
avvelenava la sua mente. Non sapeva nulla di Francesca, eppure, ora
avrebbe voluto essere lei; sarebbe arrivata anche a ucciderla pur di
prenderne il posto. Poi, però, avrebbe dovuto uccidere anche Roberto
per aver scelto lei, avrebbe dovuto distruggere ogni cosa riguardasse
quella coppietta così insopportabilmente felice.
Era arrabbiata,
distrutta.
Non si stupì per nulla
di non riuscire a raggiungere la trasformazione in bestia: questa
volta non voleva nemmeno provarci a smettere di pensare, qualcosa la
faceva credere che, continuando a rimuginare, poi si sarebbe sentita
meglio.
Entropia volle che,
circa due giorni dopo, Malvina si trovasse a galoppare in preda alla
rabbia proprio vicino al bosco che segnava il confine tra Rocce
Antiche e Realtà Complessa. La centaura passò ancora una volta quel
confine, convinta che, se c’era un posto dove Francesca e Roberto
non sarebbero mai andati, era proprio quello. Voleva esser certa di
non vederli mai più, neanche per caso, neanche da lontano. Mentre
camminava decisa in mezzo a quel deserto buio, le immagini dello
scontro con i due Viator si riproponevano alla sua mente ma, questa
volta, non provocavano in lei alcun rimorso. Ricordava Erminio che
feriva Roberto, e si chiedeva se anche lei avrebbe potuto
padroneggiare così bene i poteri di quelle terre. Immaginò di
tornare a quel giorno e di trafiggere il petto di Francesca con una
scarica elettrica. Sicuramente quel pazzo di Roberto avrebbe pianto
per lei, e allora sarebbe stato bello mettere a tacere le sue lacrime
nello stesso modo. Solo per un secondo, si chiese se fossero state
quelle terre a renderla malvagia, o se, invece, lo fosse sempre
stata. In fondo, quante volte, dietro ai suoi sorrisi, aveva celato
una profonda invidia nei confronti di suo fratello?
In un momento
differente, quei pensieri brutali avrebbero smesso presto di
offuscarle la mente. Malvina era sempre stata di natura ambiziosa, e
una persona ambiziosa, costantemente in compagnia di un fratello
Viator, trasforma quasi per forza la brama di miglioramento in pura
invidia. Avrebbe potuto gestire ancora una volta quel sentimento e
andare avanti, se Entropia non l’avesse condotta in quei luoghi
proprio quel giorno.
Mentre la delusione
amorosa le faceva immaginare soluzioni drastiche, la polvere della
Realtà Complessa individuava la sua presenza e iniziava a
ricoprirla, ancorandole gli zoccoli al terreno per impedirle la fuga.
La centaura si ritrovò
all’improvviso coperta di metallo. Aveva una lunga spada sottile
appesa al fianco, e le sue zampe galoppavano verso Erminio, senza che
lei potesse evitare in alcun modo di seguire il resto dell’esercito.
Non aveva idea di cosa
stesse accadendo, ma non aveva importanza: quando si perde
completamente il controllo del proprio corpo e delle proprie azioni,
niente ha più importanza.
Quando il nulla iniziò
a divorare la realtà oltre i confini, i malcapitati seguaci di
Erminio furono tra i primi esseri a dissolversi e perdere
definitivamente coscienza di sé. Malvina li vide scomparire a uno a
uno, ma non sentì il bisogno di fuggire o darsi spiegazioni. Solo
quando anche Erminio scomparve, la centaura venne presa dal panico e
sentì il suo cuore battere per l’ultima volta.
Ma Malvina ed Erminio
non cessarono di esistere: la loro perdita di coscienza fu
relativamente breve, ed entrambi si risvegliarono in una gelida
notte, in un posto che lei conosceva bene.
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